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Benvenuti... ma non troppo - Recensione

29/04/2016 | Recensioni |
Benvenuti... ma non troppo - Recensione

La solidarietà: una parola di grande attualità, usata (forse abusata) quotidianamente in tutti i notiziari, programmi di attualità o approfondimento che dir si voglia.
L’obbligo della solidarietà è l’attualissimo tema centrale di Benvenuti… ma non troppo, commedia dallo spiccato gusto sociale diretta dalla regista francese Alexandra Leclère.
Lo spunto è un provvedimento speciale che diviene legge vigente da un giorno all’altro: l’obbligo, da parte dei cittadini proprietari di appartamenti con stanze o spazi liberi, di accogliere le persone più disagiate che, per ragioni diverse, non possono permettersi un alloggio. Un’ondata di panico si abbatte in tutta la Francia e in particolare al numero 86 di rue du Cherche Midi nel centro di Parigi dove sorge un lussuoso ed esclusivo palazzo.
Qui abitano la famiglia Dubreuil composta dai coniugi Christine (Karin Viard) e Pierre (Didier Bourdon), borghese, conservatrice e con simpatie di destra, e la famiglia Bretzel ovvero Béatrice (Valérie Bonneton) e Grégory (Michel Vuillermoz), lei insegnante, lui scrittore, intellettuali di sinistra, radical chic. La monotonia della quotidianità viene spezzata dalla convivenza forzata con alcune persone disagiate e senza fissa dimora. Nel confronto con gli ospiti imposti, gli inquilini benestanti scopriranno la loro vera anima.

C’è un peccato da cui nessuno (magari in misura diversa) è esente: si tratta di quelle piccole viltà che si manifestano quando ci si trova ad affrontare la vita di tutti i giorni. Oggi più che mai, viene da commentare, soprattutto quando si tratta di mostrare solidarietà verso chi possiede meno di noi.
E sono proprio queste piccole viltà il minimo comun denominatore di un gruppo di abitanti di un elegante condominio parigino: una famiglia destrorsa e conservatrice, una coppia di radical chic, un eccentrico single omosessuale, una portinaia fascista. Completa il gruppo, una coppia di anziani pensionati ebrei che preferisce scappare dal proprio appartamento, rifugiandosi in un monolocale, piuttosto che ospitare uno sconosciuto. Questo teatrino animato da campioni di meschinità è l’anima di Benvenuti… ma non troppo, dove il condominio appare come un’evidente metafora della nostra società, una sorta di Torre di Babele, persone diverse per nascita e credo politico ma accomunate dagli stessi piccoli egoismi.
Un’umanità divisa tra la voglia di aiutare e la paura di ospitare qualcuno che non si conosce, tra meschinità e altruismo, villania e buonismo di facciata. Perché in fondo, non siamo tutti un po’ razzisti? 
La domanda alla base del film è proprio questa: cosa accadrebbe se un inverno eccessivamente rigido costringesse un’amministrazione di sinistra ad adottare un provvedimento di emergenza emanando un decreto che obbliga tutti i cittadini proprietari di un appartamento spazioso con stanze libere ad ospitare chi è senza tetto, come clochard, emigranti, famiglie in difficoltà?
Sette anni fa, confessa la regista, quando le venne l’idea di questo soggetto, un produttore disse di lasciar perdere perché nessuno ci avrebbe mai creduto.
E invece oggi il film appare di grande attualità (perfino Papa Francesco ha accolto famiglie di rifugiati in Vaticano) e non è un caso che parte dei proventi del film saranno devoluti alla Croce Rossa Italiana, impegnata in attività di assistenza alle persone senza fissa dimora.
Commedia che scivola a tratti verso la farsa giocando su quelle contrapposizioni destra-sinistra oggi diventate molto più sfumate (e condita da qualche ovvio stereotipo come la coppia di destra che scopre la tolleranza verso il diverso e quella di sinistra che si rivela invece piena di pregiudizi), Benvenuti… ma non troppo è un film tutto sommato gradevole, dove si instillano gocce di buonumore su un tema serio ed urgente, interpretato da un valido gruppo di attori. Tra di loro spiccano la signora borghese e conservatrice di Karin Viard (già panettiera xenofoba in quel delizioso affresco corale di Parigi diretto da Cédric Klapisch) e la professoressa progressista (che mostrerà il suo lato più egoista, ipocrita e vigliacco) di Valérie Bonneton (interprete fra gli altri de L’amore inatteso di Anne Giafferi e del più recente Tutti pazzi in casa mia di Patrice Leconte). Menzione speciale per la veterana Josiane Balasko nei panni di una spaventosa portinaia fascista.
La morale del film può apparire facile e scontata ma in fondo non è una piccola grande verità che per i cuori tiepidi c’è sempre tempo per riscaldarsi? 

Elena Bartoni

 


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